lunedì 15 febbraio 2021

Caffè filosofico, di Simone Vaccaro


Illustrazione di @johnny_paradise_swagger
Illustrazione di @johnny_paradise_swagger

Si è concluso il caffè filosofico di Simone Vaccaro, tenutosi quest'anno in modalità telematica, con i ragazzi del Liceo Artistico "Benedetto Alfieri" di Asti. Gli incontri, a carattere seminariale, si sono svolti durante l’ultima settimana di gennaio e le prime due di febbraio. La collaborazione con Simone - ex-allievo del Liceo Classico "Vittorio Alfieri" - dura ormai da tre anni, un periodo che ha visto crescere il rapporto con i ragazzi e con i docenti, e si è dimostrata ancora una volta stimolante e portatrice di nuova brezza intellettuale per tutti i partecipanti. Quest'anno si aggiunge una novità ulteriore a cui guardare con interesse. Il giovane filosofo è, infatti, tra i redattori di Arena Philosophika, "un luogo di confronto sotto l'egida della ragione", come possiamo leggere sul sito: una bellezza per gli occhi e una scarica di vibrazioni rigeneranti per la mente che invitiamo, senza indugi, a visitare.

Circa sessanta ragazze e ragazzi dell'Artistico, delle classi terze e quarte, hanno partecipato attivamente agli incontri, vivaci e non convenzionali, capaci di restituire l'autentico senso del fare filosofia insieme, dialogando e costruendo concetti, punti di vista, definizioni. Si è parlato di uno di quei temi che, con Dante, fanno "tremar le vene e i polsi", ossia la questione dell'unità e della molteplicità, dell'uguale e della differenza. Attraverso le sei ore di incontro i ragazzi e i docenti sono stati trasportati nella sostanza della filosofia accompagnati da grandi contemporanei, come Gilles Deleuze, Michel Houellebecq, Italo Calvino, Peter Sloterdijk, ma anche da classici, come Plotino, Hegel, Heidegger, Parmenide, Agostino e Spinoza, tanto Spinoza, di cui c'è sempre più bisogno: e di questo ringraziamo! E gli argomenti affrontati sono stati la storia e la filosofia - come sarebbero potute mancare? - la pandemia che è stata il fil rouge degli incontri, il convitato di pietra che abbiamo cercato di interrogare, ma anche l'arte, il cinema, l'imprevedibilità degli eventi, il tempo, la creazione. 


Le ragazze e i ragazzi che hanno partecipato, e anche chi non è riuscito ad esserci, può seguire Arena Philosophika sul sito ed entrare in contatto con il fermento di idee che la contraddistingue. La speranza è quella di poter proseguire questa bella collaborazione in futuro, magari dal vivo, nelle aule del Liceo Artistico e guardandoci negli occhi. A questo punto noi ringraziamo il nostro ospite, Simone Vaccaro, e apriamo le porte del nostro Blog alle sue riflessioni sugli incontri.


"Aveva proprio ragione Deleuze (in Differenza e ripetizione): è la ripetizione che svela la differenza, perché (s)fondata sulla Differenza. Il gusto del solito caffè, amaro o zuccherato, normale o corretto, lungo o ristretto, cappuccino o marocco prende sfumature di volta in volta altre, di volta in volta nuove. La differenza, punto di partenza o tappa obbligata, si svela nel dispiegarsi stesso del punto di partenza: si parte, si arriva e ci si ferma, ma il telaio di questi scossoni si mantiene, unitariamente si svolge e si esprime nei colori della differenza, nei sapori tutti contenuti in una tazzina di caffè.La pausa caffè è il prendere tempo per eccellenza: lo si prende perché lo si sottrae dal circolo della ripetizione dell’identico a sé, dall’abitudinarietà del quotidiano. È la sottrazione il cui risultato supera ciò da cui si è sottratto. Prendere tempo vul dire fare della sottrazione cioè del meno, un’addizione ovvero un più: sottratto il tempo, ci resta un più-di-tempo, un tempo in più da condividere, riflettere, ragionare e dialogare. Prendere tempo è la Differenza che si instaura nel tempo preso, la Differenza in sé che si ripete nella ripetizione per sé, che si ripete differenziandosi nella ripetizione.

Per questo il medesimo caffè si è filosoficamente spostato, ha incrociato spunti, riflessioni, suggestioni e suggerimenti differenti: dal problema dell’interruzione del binario instradato della nostra quotidianità infranta dall’emergenza della pandemia – che nel suo venire alla luce ha gettato luce sull’impensabilità di un reale che ha la caratteristica di prenderci sempre in contropiede, costringendoci a pensare -, alla narrazione della crisi dalla stessa conseguita; dalla narrazione come atto di giustificazione di un apparente ingiustificabile, alla narratività come cifra metafisica di una Unità che altrimenti sarebbe dilaniata se non si narrasse nella Molteplicità dei racconti che non fanno che raccontare di Lei, per giungere, infine, alla contrapposizione della differenza tra un tanto massimale anelito utopico quanto l’altrettanto, sebbene rovesciato, istinto distopico postcatastrofico.

E dalla narrazione si è passati alla lettera, mattone della narrazione, alla sua filologia, all’approccio filologico del filo-logico la cui logica trascende la mera sommatoria di parti in quanto si sofferma sulla spinoziana espressione, sullo «spanciarsi» (Calvino) geometrico della Sostanza in tutti i suoi modi. Ci si è soffermati sulla domanda della traduzione che la lettera avanza in ogni sua manifestazione: è possibile una traduzione letterale? e si è vista la risposta geometrica, dello svolgimento rafforzativo nella proposizione dedotta, fenomeno autentico del deducibile, interno al deducibile, immanente ad ogni dedotto che dice, che traduce sempre qualcosa del deducibile sostanziale. Per questo si è affrontata la vertigine della lettera che è la vertigine della Sostanza, di Dio dell’Uno propria del filosofare di Baruch Spinoza.

Alla fine non si è giunti alla fine. La pausa caffè ha un inizio e una fine e quest’ultima sì, è giunta alla fine. Ma la domanda lascia ancora il riverbero del gusto del caffè, aprendo il campo ad altre domande, ad altri caffè…"


Articolo originale comparso qui il 14 febbraio 2021.


a cura dei proff. Federico Baglivo, Gianfranco Cavarero ed Ermanno Morando

un sentito ringraziamento a Simone Vaccaro


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