martedì 9 giugno 2020

SPAZI DI TEATRALITA', DAL PALCOSCENICO ALLA REALTA'

le riflessioni degli studenti

Nei giorni 6, 13 e 20 maggio tre professionisti del mondo teatrale sono saliti in cattedra e hanno intrattenuto, con tre incontri in videoconferenza, allievi, docenti e ospiti esterni all’istituto, riuscendo a ricreare nella nostra scuola, per qualche ora, un prezioso spazio virtuale per la teatralità. 
Gli incontri, seguiti da una platea folta e interessata, sono stati i seguenti:
“ll teatro è ovunque ti trovi” con lo scenografo e architetto Francesco Fassone,
“Lo spazio vivo del teatro” con l’attrice e operatrice teatrale Federica Tripodi e “Arlecchino re dell'inferno. L'uomo è la maschera, la maschera è l'uomo” con Andrea Marello, scenografo e docente.

Qui di seguito alcune interessanti riflessioni degli allievi della classe di teatro (3D, 3F, 3G, 3M) del Liceo Artistico.
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“Ciò che ha colpito particolarmente la mia attenzione è quando si è iniziato a parlare del regista teatrale Peter Brook e di due particolari scenografie, ideate dallo scenografo che stava tenendo la lezione, scelte in modo molto incisivo per la rappresentazione dello spettacolo.
Ciò che mi ha meravigliato è stato il secondo spettacolo, in cui si vedevano dei giovani, in una famiglia allargata, costretti a lavorare, in Russia, alla fabbrica alla quale i vecchi prima di loro avevano dedicato la loro vita. La scenografia scelta è stata realizzata con rami secchi, quasi a formare un nido che non dava però il senso di casa, bensì una sensazione di claustrofobia, senza alcuna via d’uscita. 
Personalmente reputo che queste lezioni siano state molto interessanti, in quanto abbiamo tolto dal loro contesto comune vari aspetti del teatro e li abbiamo analizzati con occhio più tecnico; sono state un arricchimento personale e di cultura generale, che ci hanno donato la possibilità di una visione differente del mondo attorno a noi e della gente che ci circonda, con la possibilità di una diversa chiave d’analisi. “ 


Serse Testa

Scenografia di Francesco Fassone
Zio Vanja di Anton Checov
regia di Emiliano Bronzino
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“Un esempio più concreto di palcoscenico può essere il “palcoscenico della nostra vita”. Capita spesso di comportarci in maniera differente da ciò che siamo, di interpretare un ruolo a seconda del luogo in cui ci troviamo e dalle persone che abbiamo intorno, questo perché esistono regole e convenzioni che inconsciamente rispettiamo sin da bambini. Proprio come fa un attore quando interpreta un personaggio, anche noi con costumi, parole e azioni raccontiamo la nostra storia.”
Alice Corbani
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“Tutto il mondo è un teatro… Il sociologo canadese Erving Goffman descrive la vita sociale e la comunicazione umana con una metafora teatrale. Secondo la metafora ogni essere umano che comunica è attore, attraverso le parole, i gesti, i vestiti ecc. 
In base al contesto che stiamo vivendo possiamo essere attivi e fare una performance (fare spettacolo), oppure possiamo essere passivi ed essere pubblico.
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Sul palcoscenico dobbiamo fare una performance, quindi tenderemo ad osservare delle regole e mostrare un lato diverso di noi. Noi studenti sicuramente ci comportiamo in modo diverso davanti ai professori, con gli amici o i familiari. Sono consapevole del fatto che in classe vivo su un “palcoscenico”, devo rispettare delle regole, anche quelle che non mi piacciono, e a volte so di sentirmi repressa perché esprimere la mia idea è difficile. Con la famiglia sono libera di esprimermi, non mi preoccupo delle conseguenze che i miei pensieri possono provocare perché so che posso contare su un sentimento incondizionato; con gli amici vivo una situazione intermedia perché essere sempre “me stessa” comporta essere giudicata. Il teatro potrebbe essere quindi considerato una “palestra di vita” dove è possibile sperimentare gli aspetti più segreti della realtà, qualsiasi elemento della realtà può essere trasfigurato e quello che è finto può sembrare vero”
Sara Tubino






Scenografia di Francesco Fassone
Tre sorelle di Anton Checov
Regia di Emiliano Bronzino
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“Gli interventi sono stati interessanti e mi hanno colpito le riflessioni sul fatto che il teatro è qualcosa di vivo e che lo spazio, il palcoscenico, può essere ovunque. Non è necessario avere uno spazio adibito alla recitazione, perché si può fare teatro in qualsiasi luogo. L’ importante è chi recita, chi si cala nella parte, chi si mette in discussione... perchè il teatro siamo noi”
Pietro Patarino
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Il fatto di poterti estraniare completamente da ciò che sei, dai tuoi ideali e convinzioni per interpretare una bugia, una persona estranea alla propria “comfort zone” dev’essere un’esperienza da poter fare almeno una volta nella vita, per conoscersi meglio e scoprire qualcosa su se stessi.”
Federica Badella
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“Abbiamo analizzato gli attori e lo spazio, abbiamo parlato di un personaggio molto importante, Arlecchino, abbiamo visto degli spezzoni di alcuni video riguardanti brevi spettacoli. Sicuramente le lezioni fatte a scuola erano un po’ più divertenti perchè ci coinvolgevano maggiormente, ci davano la possibilità di provare a fare delle piccole scene e quindi di provare a recitare”
Stefano Guarna
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“A rendere incredibile una maschera è la possibilità di trovare dietro ad essa una miriade di personalità differenti tra loro. Mi è piaciuto come il professor Marello abbia fatto un esempio legato al momento attuale facendoci notare come il nascondersi dietro una maschera faccia la differenza.”
Samuele Tavella
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“Tutto il mondo è un palcoscenico, donne e uomini sono solo attori che entrano ed escono dalla scena” questo diceva William Shakespeare, e io condivido il suo pensiero. Ognuno vive la sua vita interpretando molti ruoli e indossando altrettante innumerevoli maschere. Sono in pochi a poter vedere ciò che ci si cela sotto.
Impariamo ad indossarla fin da piccoli, quando ci dicono “devi essere femminile, devi truccarti, devi mostrarti felice” oppure “non devi piangere, non devi mostrare i tuoi sentimenti, devi comportarti da uomo”. Così già comprendiamo che non ci sarà permesso di essere chi siamo, o chi vogliamo essere, ma dobbiamo essere ciò che la società si aspetta. Allora ci creiamo un gran numero di maschere per riuscire a piacere un po’ a tutti, e il mondo diventa il nostro palcoscenico, recitiamo, facciamo il nostro spettacolo mostrandoci per quello che il nostro ruolo ci impone, poi torniamo a casa e ci togliamo la maschera chiedendoci se abbiamo interpretato bene la parte. “Avrò fatto bene a rispondere in quel modo?”, “Forse non dovevo comportarmi così e probabilmente ho fatto la figura della stupida.”
Ma non importa quante maschere indossiamo, il mondo continuerà a girare, “lo spettacolo deve continuare”, ad esso non importa se stiamo partecipando con o senza maschera nè se stiamo facendo gli spettatori di quella che dovrebbe essere la nostra vita.
Spero nella mia vita di incontrare più volti che maschere.”
Bacco Martina
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“La lezione di teatro che mi ha colpito di più è stata l’ultima in cui si è parlato di “ maschera” e di Arlecchino. Non si è parlato di un’opera mettendola su un piedistallo ma confrontandola con la triste ma vera realtà. La maschera di Arlecchino è stata spiegata per intero con quei significati che magari non si vedono a prima vista, come per esempio il raffronto con la mascherina chirurgica che oggi noi dobbiamo indossare”
Davide Agostini
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“Il fatto che ognuno di noi possiede una maschera davanti agli altri e che ci nascondiamo dietro a queste maschere appunto, è stata una tematica che mi ha fatto ragionare. Per esempio io a scuola non sono veramente me stessa, ho per lo più una maschera dietro alla quale mi nascondo. Però non mi preoccupo perché penso sia del tutto naturale. Tutti hanno una maschera ed è incredibile come dietro ad essa si possano trovare personalità differenti tra loro. Il professor Marello mi è piaciuto perché ci ha fatto notare come il nascondersi dietro una maschera faccia davvero la differenza e che a volte non ne abbiamo il bisogno.“ 
Giada Marino 
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“Il teatro è una esperienza che ti porta a cambiare la vita in modo positivo, che cambia completamente il modo di vedere tutto quello che è intorno, il modo di pensare e ragionare . TI lascia un segno indelebile sulla pelle che non potrà mai e poi mai abbandonarti. Perché con quelle esperienze riuscirai a migliorare te stesso, a battere la timidezza di cui non sei mai riuscito a liberarti, a trovare il coraggio di fare, dire e provare cose che pensavi di non poter fare, senza bisogno di vergognarsi. Il teatro permette di dimenticare i problemi che ci circondando. Una persona può crescere di molto in poco tempo, con l’aiuto di altre persone simili a lei che saranno al suo fianco nei momenti sia tristi e in quelli felici.
Il teatro insegna ad andare avanti anche se si fa un errore, come quando un attore sbaglia movimento o battuta. E’ proprio in quel momento che un teatrante riesce a tirare fuori il suo coraggio e a improvvisare per non far capire allo spettatore il proprio errore. Magari così quel piccolo errore che poteva mandare lo spettacolo a rotoli riesce a dar ancora più enfasi alla scena, lasciando un segno ancor più forte in chi guarda.
Imparare a recitare è una delle cose più utili che ci sia, perché è una conoscenza che si userà sempre. Secondo il mio pensiero, fare teatro è un percorso di vita che fa maturare”
Nicolò Enrico
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“Il secondo incontro è stato molto interessante. L’attrice ha risposto a molte domande a proposito dell’interpretazione di un personaggio: mentre sei in scena e interpreti un personaggio con una storia tutta sua, dal momento in cui cominci lo spettacolo fino alla fine di esso, tu rimani nel personaggio. Anche quando esci dal palco per andare nelle quinte”
Sonia Resini
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“Teatro vuol dire impegno, costanza e passione. Dietro a due ore di spettacolo ci sono mesi di lavoro, mentale e fisico, da parte degli attori, degli scenografi e di tutte le persone che stanno attorno. Fare teatro equivale ad apprendere qual è la fatica utile per ottenere un risultato gratificante. E questo vale per il teatro, come per altre discipline e lavori. 
Teatro è collaborazione. Quando ci si prepara per una recita, è fondamentale che ci sia coesione con gli altri membri. E non solo. Bisogna trovare anche un rapporto col pubblico. Se non si lavora come si deve, si rischia di compromettere il lavoro di tutti. In teatro si condividono anche i problemi. Se durante una scena, un attore dimentica la battuta, è anche compito tuo, che sei sul palco, saper improvvisare qualcosa. 
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Il teatro insegna a vivere. 
Teatro è anche cambiamento. Fa scoprire alla persona timida la sua temerarietà e il suo coraggio nascosto. Può far diventare la persona con un cuore di pietra, una persona più sensibile. E’ bello pensare che questi cambiamenti, molte volte, escano dal palco.
Il teatro fa star bene chi ci lavora. Questa è la sua vera essenza. E’ un luogo che ti dà degli obbiettivi. È un luogo che ti ripaga. E allora non vi è nemmeno più la fatica.”
Elena Bazzanini
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“Il teatro è un'occasione per potersi sfogare, per poter esprimere le proprie emozioni, per arricchirsi e per imparare a conoscer meglio se stessi e gli altri, in quanto devo sapere dove finisco io e dove inizia il personaggio che dovrò interpretare. Bisogna fidarsi l'uno dell'altro, serve intesa per portare in scena una buona performance. 
L'attore porta in vita il personaggio e la storia, mentre chi guarda si ritrova catapultato nella vicenda e il mondo esterno viene messo in pausa per entrare in un mondo che sarà completamente nuovo ogni volta, anche se la storia dovesse essere la stessa,. Perché uno spettacolo non sarà mai uguale ad un altro, non sarà mai come vedere un film, dove le scene sono quelle e così rimangono.
Da "attrice" posso dire che è davvero bello quando si riesce ad immergersi totalmente nel personaggio. Quando metti da parte te stesso per far posto al personaggio allora ce l'hai fatta. Perché poi questo personaggio vive. Da spettatrice invece io non sono più Giulia, seduta su una sedia in un teatro, ma in quel momento divento anche io parte di un'altra storia. Non sono più ad Asti, ma in un altro posto, ovunque esso sia.
Questo è il teatro per me. E per citare una delle frasi che un giorno un attore mi disse: "Un uomo comune vivrà una sola vita, ma io qui, da attore, alla fine dei miei giorni ne avrò vissute cento".
Giulia Gaiotto
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